L’evoluzione del sistema della consulenza al risparmio è stato fortemente influenzato dal particolare momento economico e dalla crisi finanziaria.

La sfiducia e la scarsa propensione agli investimenti hanno portato gli istituti di credito a modificare il rapporto di lavoro con i propri dipendenti. Oggi gli operatori del settore (assicuratori, impiegati bancari, consulenti finanziari assunti da gruppi finanziari e così via) hanno una retribuzione legata a volumi e/o prodotti sottoscritti. Questo meccanismo subordina l’interesse del cliente alla necessità economica di chi è preposto al collocamento.

Facciamo un passo indietro. Il mondo del risparmio è sempre stato caratterizzato da una certa sacralità. Qualche cliente mi racconta ancora di quando, entrato in banca, abbassava il tono della voce come fosse in Chiesa. Questo approccio all’istituzione del cliente era garantito dal fatto che non ci fossero interessi economici da parte dei professionisti con i quali confrontarsi sulle proprie esigenze. Su questo punto si snoda l’intero discorso. A mio parere una tra le principali differenze tra un consulente ed un venditore sta nell’interesse economico. Un consulente, a prescindere dalla sottoscrizione o meno di un prodotto, percepisce reddito. Un venditore per guadagnare deve collocare un prodotto, possibilmente quello che gli garantisce provvigioni più alte. Questo genera un circolo dove un venditore vi consiglierà sempre di sottoscrivere nuovi prodotti, un consulente di gestire al meglio quelli che già avete.

Questa distinzione non intende marchiare impiegati bancari o assicuratori come categorie poco corrette o trasparenti. Tutt’altro, poiché le prime vittime di questo meccanismo sono proprio gli operatori del settore. Il continuo ed incessante bisogno di far sottoscrivere nuovi prodotti, logora i rapporti con i clienti che vengono incessantemente tartassati da richieste di sottoscrizione o di referenziazione di nuovi potenziali clienti. La crisi economica ha reso il mondo del risparmio un luogo sicuramente meno sereno.

Ma quale possibilità si ha di ricevere un’indicazione che non abbia un secondo fine economico?

La soluzione è semplice: la consulenza nella sua concezione più pura. La consulenza al risparmio, per essere tale, non deve avere alcun legame con istituti di credito, non deve essere in alcun modo faziosa. Deve possedere un grado di libertà assoluto per garantire l’oggettività e la trasparenza al cliente. La caratteristica più importante, però, è quella che l’unica fonte di reddito per il consulente sia il cliente, in maniera tale che gli interessi dei due coincidano, sempre.

 

Credo nella consulenza pura. Proprio per questo è la strada che ho scelto per garantire ai miei clienti un servizio onesto, trasparente e totalmente dedicato.

A presto.

Emanuele