Il rendimento lavorativo non è legato al tempo!

 Quando parliamo di rendimento non pensiamo mai al significato reale del termine.

Tra le nozioni economiche che stiamo progressivamente perdendo una delle principali è quella di rendimento. Tant’è che la maggior parte di voi avrà subito pensato alla sfera finanziaria del termine. In realtà la definizione più generica di rendimento parla di rapporto tra energia ottenuta in forma utile ed energia spesa. Più che di economia in questo momento abbiamo parlato di fisica. Semplificando il tema possiamo parlare del rendimento come del rapporto tra ciò che devo impiegare (energie, soldi, conoscenza, etc, etc) ed il frutto che questo genera (non per forza denaro).

Esiste un ramo dell’economia aziendale che si occupa di identificare fattori ambientali o sociali che aumentino la produttività dei lavoratori. Ad inizio secolo, ad esempio, venne osservato come, a parità di condizioni, gli operai che lavoravano in uno stabilimento maggiormente illuminato producessero di più. Come in tutti gli ambiti, però, l’esasperazione di un concetto porta al grottesco. Dal Giappone giunge notizia di come, presso una celebre azienda, i dipendenti non dediti al fumo godranno di giorni di ferie in più per compensare le “pause sigaretta” dei colleghi.

E’ semplice immaginare come una mossa del genere sia stata suggerita da un’osservazione legata al rendimento lavorativo dei dipendenti. Ma questo approccio possiede delle basi economicamente valide?

Assolutamente NO!

Il rendimento di un lavoratore, sia esso operaio, impiegato o manager, è completamente slegato dal fattore tempo. Sempre più realtà lavorative approfondiscono questi temi e si moltiplicano esempi di aziende che riducono le ore lavorative oppure incentivano il lavoro da casa.

In definitiva spostare il focus aziendale dal tempo al rendimento risulta fondamentale. Questo genera un circolo virtuoso di situazioni ambientali ed economiche altrimenti imponderabili. Vediamone alcune:

  • In campo produttivo l’incentivo ad aumentare il rendimento genera una partecipazione organica agli obiettivi. In questo modo forza lavoro e sfera direttiva condividono il medesimo fine. Con un meccanismo lavorativo legato al tempo non esiste un motivo per il quale un operaio debba incrementare il proprio rendimento.
  • In ambito commerciale, spesso , si tende a ragionare con rapporto consulente-cliente 1 a 1. In questo modo se devo esporre un prodotto a trenta clienti dovrò ripetere trenta volte le medesime parole. Questo genera appiattimento espositivo e riduzione dell’incisività commerciale, per non parlare del tempo (30 clienti rappresentano una settimana di lavoro). Per questo sempre più realtà commerciali raggruppano potenziali clienti in un unico luogo, lavorando ad una sola presentazione studiata in ogni minimo dettaglio, dedicando ad essa pressappoco lo stesso tempo che prima occorreva dedicare ad un solo cliente.
  • In campo manageriale/creativo vale un discorso equivalente. Se si riesce a rompere quel legame temporale che subordina all’azienda si stimola un processo manageriale/creativo che porterà a trovare una soluzione geniale durante un momento non prettamente lavorativo. L’abbattimento dello schema fisso delle 8 ore agevola un sentimento di partecipazione molto più profondo alle dinamiche lavorative.

 

L’aumento di rendimento è il passo che il mondo del lavoro sta compiendo in questi anni. Questo genera cicli positivi e riduzione di costi fissi tramite la responsabilizzazione di ogni tassello della realtà aziendale.  Per concludere possiamo sicuramente affermare che oggi le aziende hanno bisogno di lavoratori o professionisti che desiderino avere tempo e non più di subordinati che siano pronti a sacrificarne.

A presto.

Emanuele

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