Un Economista in azienda

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 Inserire in azienda il know-how economico produce risultati enormi.

Generare un incremento di rendimento rappresenta il più grande sogno per ogni imprenditore nel mondo. Ai soli pensieri di generare un maggior profitto mantenendo  invariati i costi, di generare un egual profitto abbassando i costi oppure, addirittura, maggiori profitti riducendo i costi si vedono gli occhi brillare. Purtroppo però a questa attività solo poche aziende dedicano attenzione.

Esiste una disciplina (definirla scienza mi obbligherebbe a prendere una posizione sul secolare quesito: “l’economia è una scienza?”) che si occupa esattamente di quanto esposto. L’economia.

Questa ne è una tra le definizioni più semplici:

 

“L’impiego razionale del denaro e di qualsiasi altro mezzo,

diretto a ottenere il massimo vantaggio col minimo sacrificio;

quindi, cauta e oculata e anche parsimoniosa amministrazione,

 risparmio.”

 

Introdurre in una realtà, qualsiasi essa sia, una figura di riferimento in campo economico genera innumerevoli benefici. Vediamo ora di cosa si occupa un economista in azienda.

Partiamo smontando qualche luogo comune. Se pensiamo ad una figura chiusa in un ufficio tra sigari, Montblanc e costosissimi ninnoli siamo completamente fuori strada. Chi si occupa di analisi economiche deve “sporcarsi le mani” e vivere la realtà che osserva. Per questa ragione le aziende tendono a scegliere consulenze esterne in questo campo.

Il compito, in realtà, si articola in tre parti. La prima consiste in una mera fase di osservazione e raccolta dati. Cruciale è il fatto che si analizzi ogni aspetto ed ogni fase economica. Una volta raccolto il materiale si passa ad una fase di elaborazione che associa ai dati raccolti i dati numerici forniti (costi/ricavi). Infine, in base all’indice di penetrazione dell’intervento concordato, si espone un piano di azione volto a massimizzare il rendimento. Un economista in azienda entra in contatto con ogni gradino gerarchico della struttura. Cerca la massimizzazione del profitto anche nel rapporto con uno stagista, non certo per ridurne la retribuzione ma generando valore da qualsiasi forma contrattuale. La mole del lavoro risulta molto importante. Dipanarsi tra fornitori, costi fissi, assicurazioni, banche, clienti, commercialisti, consulenti del lavoro, legali, dipendenti e numerosissimi altri aspetti necessita la creazione di modelli lineari, semplici ed ordinati.

La validità di questo processo si basa sulla collaborazione di più professionisti, creando ruppi di lavoro che abbracciano liberi professionisti operanti su singoli progetti.

La mia personalissima opinione prevede che le analisi economiche assumano una retribuzione parametrata ai risultati raggiunti. Questo meccanismo, economicamente, permette di rendere la consulenza auto-retribuita. Parte dell’incremento del rendimento generato paga il servizio. Il fine ultimo è quello di aumentare il rendimento e per questo un intervento simile non può essere un costo.

Introdurre in una realtà una competenza economica dedicata alla sola consulenza, e non alla vendita, certifica un grado di sviluppo in termini di rendimento notevole. Sono immensi i margini di guadagno ai quali le aziende rinunciano poiché non inseriscono al proprio interno competenze economiche. Il mondo anglosassone ci dimostra che la consulenza libera, anche economica, è la strada che permette alle realtà economiche di svilupparsi e prosperare.

 

A presto.

Emanuele

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