Fundraising ed indipendenza economica

 La raccolta fondi è il perno dell’impegno sociale nel nostro paese, è possibile aumentarne la resa?

L’attività di fundraising, raccolta fondi per dirlo all’italiana, rappresenta il solo ed unico mezzo di sostentamento per la maggior parte delle realtà no profit del nostro paese. Questa dinamica, spesso applicata in maniera inconscia, permette a decine di migliaia di organizzazioni di contribuire al miglioramento del quotidiano sociale. Purtroppo chi si occupa di fundraising, troppo spesso, è un membro interno che prova a sopperire ad una mancanza di conoscenza tecnica con una infinita dose di buona volontà. In molti casi la buona volontà non è sufficiente.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Un piano di fundraising, come prima specifica, non termina con il raggiungimento di una cifra o di un obiettivo. Questo è uno dei principali errori. La donazione od il sostegno è solo uno  dei traguardi che un fundraiser persegue. Il principale scopo è sempre la creazione di rapporti stabili e duraturi tra la realtà benefica ed il tessuto sociale che, poi, diventa base donante. Donare permette di sentirsi meglio, è la più forte espressione di empatia di cui siamo in grado. A questo si aggiunge la possibilità di essere parte di un gruppo e di un progetto. In maniera cinica si potrebbe affermare che il fundraiser scambia felicità e riconoscimento sociale con un corrispettivo economico.

L’economia del bene.

Eccoci giunti all’aspetto centrale del tema di oggi. Quanta economia c’è in un progetto di raccolta fondi? Più di quella che troviamo in una banca, in un’assicurazione o in qualche azienda. Quando realizzo un piano di fundraising miro sempre a qualcosa che vada oltre al semplice sostentamento. Introduco il tema dell’indipendenza economica. Spesso i miei interlocutori, solitamente obbligati a metterci del proprio per “tenere in piedi” la realtà benefica, sorridono. In realtà è tutto molto più semplice di quanto appaia. Ci sono numerosi accorgimenti che possono permettere ad un’associazione, un’organizzazione, ad una parrocchia o ad una ONLUS di poter far conto su una cifra certa di “raccolta” annuale.

Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile essere consapevoli di quanto la realtà in oggetto sia importante non solo per le persone direttamente interessate. In termini economici un gruppo di persone ha un valore immenso e facilmente spendibile. Tutto sta nel porsi la domanda corretta. Un’analisi approfondita che abbraccia il lato economico del fundraising non si chiede “cosa possono fare gli altri per l’organizzazione no profit?” questa sarà la conseguenza, bensì “cosa può fare la no profit per il tessuto sociale che la accoglie?”. Un cambio di prospettiva totale.

Cito un caso attuale e molto semplice. Una piccola associazione, dedita al sostegno di persone senza lavoro in difficoltà economica, ha ottenuto un contributo annuo (certo e garantito) dal comune dove opera di 12.000€. Questo poiché l’opera quotidiana alleggerisce l’amministrazione di un’incombenza sociale. Prima di questo accordo la cifra più alta raccolta dall’associazione risaliva al 2007 con poco meno di 9.000€.

 

E’ possibile, doveroso e molto più semplice di quanto si possa pensare raggiungere obiettivi sociali importanti. La base di tutto, come sempre, è una corretta applicazione di semplici concetti economici. Per quanto possa essere indispensabile la sola buona volontà non basta a creare un piano di fundraising dettagliato che possa ambire all’indipendenza economica.

A presto.

Emanuele

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