Liquidità batte ricchezza 2,8 a zero

 La differenza è racchiusa nella possibilità immediata di compiere un’azione.

Molto spesso confondiamo quella che crediamo essere esigenza di ricchezza con un ben più reale bisogno di liquidità. Oggi vediamo che la differenza tra questi due concetti non è poi così sottile.

Per banalizzare la questione utilizziamo un breve fatto, purtroppo, realmente accaduto. La settimana scorsa, dopo un appuntamento con un cliente, saranno state circa le venti, stavo per tornare a casa. Data l’ora iniziavo a sentire una certa fame. Per velocizzare la discesa ho deciso di utilizzare l’ascensore che, immancabilmente, si è fermato tra due piani. Sono abbastanza sicuro che a casa avrei avuto a disposizione cibo a sufficienza per ben più di un pasto, ma, per assurdo, chiuso nell’ascensore avrei potuto morire di fame.

Ecco, la differenza tra ricchezza e liquidità è la medesima questione. Il possesso e la disponibilità non sono la stessa cosa. Avrei mille esempi a questo proposito. Restando nel campo generico in quanti, pur fatturando cifre a cinque o sei zeri, si trovano strozzati da tasse, rate o debiti?

Simbolo riconosciuto di ricchezza sono le banche. Ogni fallimento di ogni singolo istituto di credito nasconde una crisi di liquidità. Questo problema è vecchio come l’attuale sistema bancario. Nasce infatti da quando le banche, in maniera corretta, hanno ragionato sul fatto che custodire un bene non poteva più bastare. Ciò perché la possibilità che contemporaneamente ogni cliente desideri riscattare i propri averi è pari allo zero. Da qui è nato il prestito di liquidità, che in realtà è liquidità di altri clienti. Il problema nasce quando, in momenti di crisi, ci sia resistenza al vincolo della propria disponibilità economica, così da detenere la propria liquidità. In questo modo le banche vanno in sofferenza. Capiamo ora perché sia tanto osteggiata la giacenza sul conto e si venga immancabilmente spinti a vincolare i propri soldi. Questo permette agli istituti di credito di utilizzare i fondi per prestar liquidità e generare altri utili.

La liquidità permette anche di spendere tre miliardi di dollari senza chiamare in banca.

In questa settimana ha fatto scalpore l’acquisto “in contanti” per quasi tre miliardi di dollari da parte di Ferrero di un ramo aziendale di Nestlè. Nel mondo ci sono migliaia di aziende che possono permettersi un acquisto da 2,8 miliardi di dollari, moltissime tramite accordi finanziari che coinvolgono più attori. Viceversa aziende che possano permettersi di staccare un assegno da questa cifra si contano sulle dita di una mano. Il patriarca Michele Ferrero, uomo dotato di una profonda conoscenza economica, alla fine del secolo scorso, parlando del successo della sua azienda, parlava di finanza e del fatto che non volesse averci a che fare. Il Cav. Ferrero ha sempre respinto ogni invito a quotare in borsa la sua azienda, questo poiché la finanza non permette di avere il tempo che richiede l’economia. Qualche anno più tardi gli ha fatto eco il figlio: Noi abbiamo le risorse necessarie a finanziare la nostra crescita da soli. E oggi andare in Borsa è più rischioso di qualche tempo fa per la pressione dei rappresentanti dei fondi di investimento nelle società quotate”.

 

In questa vicenda è racchiusa la differenza tra ricchezza e liquidità. La prima ti fa dire: quasi quasi mi compro una cosa; la seconda ti permette di comprartela senza pentirtene la mattina dopo.

A presto.

Emanuele

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