Deve nascere una consulenza concreta e tangibile.

Il termine consulenza non può avere un’accezione astratta. Con buona pace dei venditori.

Più che al significato letterale dei termini spesso, anche in campo economico, ci affidiamo alle sensazioni che essi trasmettono. In questo modo ci vincoliamo a schemi di ragionamento errati. Pensiamo al termine investimento, subito il nostro ragionamento corre alla banca, perché tralasciamo immobili, attività, opere d’arte, materie prime e così via? Oppure perché ci sentiamo tranquilli quando ci parlano di un prodotto con minimo garantito, quando ovviamente esso ha dei costi che riducono il nostro profitto?

Il termine su cui ragioniamo oggi è consulenza. Purtroppo questo termine viene spesso identificato come un concetto astratto. Nulla di più inesatto. La consulenza, se ben ponderata, possiede una serie numerosissima di connotati concreti e tangibili. Gli effetti di un processo di consulenza si toccano, essi si trasformano in beni concreti o permettono di mantenere in vita attività. Purtroppo la connotazione effimera ed intangibile della consulenza si deve a chi, in maniera senziente, maschera altre attività dietro il velo nobile di essa. Chi si occupa di offrire servizi di consulenza comprende che il processo non si chiuda dopo uno scambio economico ma solo quando il processo abbia portato i frutti per cui è stato intrapreso.

La concretezza di processi di consulenza offre garanzie di credibilità.

Oggi tutto assume i connotati della consulenza, nessuno più si occupa di vendere, questo genera il falso mito della consulenza astratta. Cito alcuni esempi per sottolineare delle differenze. Un venditore ottiene la propria provvigione al temine della transazione economica, in caso di problematiche ci si rivolge a chi si occupa di consulenza post vendita. Il primo guadagna se vende il secondo è un dipendente pagato per garantire consulenza. Il fine del primo è chiudere il contratto, quello del secondo è mantenere un rapporto saldo tra azienda e cliente.

Occupandomi di consulenza non percepisco un reddito poiché vendo. Io non vendo nulla. Il mio reddito è legato ad azioni concrete di affiancamento verso aziende, privati ed ONLUS. Non si può vendere la consulenza. Il solo modo che mi permette di essere pagato da un’azienda che mi contatta per ridurre i propri costi è ridurre i costi. Una Onlus che vuole realizzare un piano di fundraising non mi pagherà mai se non creo una struttura che ottenga risultati tangibili.

La morale di oggi è semplicissima: diffidate da chi offre consulenza finalizzata esclusivamente alla vendita o non segue il cliente fino al raggiungimento dell’obiettivo che avevate concordato. Del resto la consulenza è uno tra i principi più concreti nel mondo del lavoro.

A presto.

Emanuele

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