Ignoranti, pigri ed infelici

 L’ignoranza nel rapporto consulenziale è una colpa ascrivibile ad una delle parti.

Conoscere possiede connotati attivi, la conoscenza non si subisce, non cade dal cielo e non è passiva. Su questo si basa l’intervento di oggi.

Molto spesso mi sono permesso di criticare quelle categorie di professionisti che si arrogano il diritto di detenere, quasi in ostaggio, il sapere. Continuo a ritenere questi accentratori un male per il mondo del lavoro e per il tessuto sociale. Oggi, però, la mi invettiva è diretta dalla parte opposta, verso tutti coloro i quali, per inedia e pigrizia, non cercano di comprendere.

Il caso che ha scatenato questo sfogo è presto esposto. Titolare di un’impresa con, a mio avviso, potenziale per raddoppiare il fatturato mi contatta per lavorare ad una strategia di contenimento dei costi e miglioramento del rendimento. Dopo qualche settimana presento un documento che, a conti fatti, permetterebbe di tagliare i costi del 23% e migliorare del 5% l’impiego economico delle risorse. Ricevo una mail dove mi si ringrazia per il lavoro svolto ma il tempo necessario a comprendere queste politiche non è considerato congruo al vantaggio offerto.

Per non fissarci sul tema specifico ora ampliamo il ragionamento. Comprendere ciò che un professionista ci espone come soluzione ad un problema è un dovere del committente. Questo, in primis, è nel suo interesse. Chiunque, come continuo a ripetere, ci offre una soluzione ma non si preoccupa di farcela comprendere non sta lavorando correttamente. Altrettanto poco corretto è chi non si impegna a capire cosa accade nella sua entità economica. L’ignoranza, una volta di più, è il male assoluto anche nel mondo del lavoro

La profezia del consulente cacciato da Blockbuster.

Esiste una diceria nel mondo del lavoro che calza a pennello. La leggenda vuole che un lustro prima della chiusura del primo Blockbuster un consulente, contattato dalla stessa azienda, aveva evidenziato la nascita di canali alternativi per la visione di materiale video a casa. Parliamo di Netflix ad esempio. Questo consulente presentava la possibilità di dematerializzare, chiudere i negozi e concentrarsi sulla vendita di contenuti visibili tramite canali streaming. L’azienda lo ha accompagnato alla porta.

Anche in questo caso era troppo difficile da comprendere ciò che il consulente voleva spiegare. Nel 2013, con la chiusura dell’ultimo Blockbuster, l’azienda ha dichiarato fallimento.

 A presto.

Emanuele

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