Viviamo un periodo di forte riscoperta di tradizioni e usanze che ci legano al nostro passato, oggi, quando al supermercato leggiamo su una confezione il termine “bio” siamo pervasi da un calore famigliare, quasi come se il prodotto in quel contenitore fosse stato messo proprio dalla nostra nonna, oppure, passeggiando per il nostro paese, incontriamo un mercato dove il prodotto realizzato dalle mani callose di un artigiano ci conforta perché il nostro “piccolo mondo antico” non è ancora scomparso.
Cerchiamo il bene, la genuinità e l’originalità in ogni cosa, ma abbiamo mai pensato a dove vengono investiti i nostri risparmi pochi o tanti che siano?
La maggior parte dei fondi in cui vengono posti i nostri risparmi risponde ad una sola esigenza: la massimizzazione del profitto di chi li gestisce. Per perseguire questo dettame i flussi economici portano i capitali verso settori di investimento non proprio nobili, citandone solo alcuni spaziamo dal mercato delle armi al lavoro minorile, da paesi che prevedono la pena di morte ad aziende che producono agenti inquinanti. Esiste, però, un movimento che sempre più si sta affermando e si pone in netta contrapposizione a questo concetto di economia ovvero la finanza etica. Non immaginiamo questa realtà come un gruppo di estremisti che osteggiano il progresso e la globalizzazione, sono, di fatto, un gruppo di economi, economisti, consulenti e cittadini comuni che intendono responsabilmente interessarsi della natura dei propri profitti. Questo processo ha portato ad influenzare numerose scelte strategiche di alcune aziende che, attraverso una scelta etica, hanno intercettato i capitali di questi investitori, innumerevoli sono i casi oltreoceano ma per restare a casa nostra ERG ed ENEL hanno operato una svolta dedicata all’energia pulita spinte da questo movimento. Ma se questa realtà ha questo peso perché non se ne parla? Per diverse ragioni, la prima è che l’economia etica spinge gli investimenti in economia reale e non il quel circuito dove la finanza alimenta la finanza stessa e questo è osteggiato dai canonici attori economici, in più non investe in aziende dove i manager abbiano liquidazioni o contratti milionari dove, a prescindere dalla bontà delle loro azioni, il profitto resta esorbitante ed infine perché vigilano sui contratti dei lavoratori delle aziende in cui investono. Questo modo di fare economia è sempre più apprezzato e raccoglie sempre più consensi. Nel prossimo appuntamento, lunedì 30 gennaio, approfondiremo la questione degli investimenti etici e vedremo come essi valutano le singole aziende in cui immettere capitali.
A presto.
Emanuele